When we decide to use antithrombotic prophylaxis in hospitalized patients with acute medical illness what do we aim for and what risks do we subject our patient to?
Is antithrombotic prophylaxis in patients hospitalized for acute illness capable of reducing mortality?
This meta-analysis involved 44 controlled studies, with over 90,000 patients, mainly patients with acute medical disease (infectious state, acute respiratory disease, heart failure) and stroke.
The population was relatively young for an internal department, with an average age of 68 years.
The main effect of the anticoagulant treatment was the reduction of symptomatic venous thromboembolism (pulmonary embolism and deep vein thrombosis).
The reduction in VTE with DOAC and LMWH was similar, approximately 30%, although the result was only significant for intermediate dose LMWH.
The reduction in VTE with the penta-saccharide reached the anomalous goal of 70%, close to statistical significance, but with less brilliant results in the comparative studies with placebo.
The bleeding risk was increased more than 2.5 times and was particularly significant with unfractionated heparin. This places unfractionated heparin as a second choice compared to other anticoagulants, also in consideration of the ten times higher risk of HIT (Heparin Induced Thrombocytopenia) compared to LMWH. It should be taken into consideration in patients with severe renal insufficiency.
Mortality was not reduced by the use of antithrombotic prophylaxis.
Mortality was initially lower with parenteral anticoagulation than with no intervention, but when compared with placebo this advantage lost significance. The result is the same both with heparin, fondaparinux and with direct anticoagulants, although you pay a high price for an increase in the bleeding risk.
In the cost / effectiveness balance, only LMWH at intermediate doses (eg enoxaparin 4000/6000 IU per day) seems to reduce symptomatic venous thromboembolism and thus achieve an advantage that compensates for the risk of bleeding.
What do we take home?
-Stop the routine use of unfractionated heparin in antithrombotic prophylaxis, if not in justified contexts
-Stop the routine use of LMWH at low doses (eg Enoxaparin 2000 IU / day)
-DOAC not yet successful in prophylaxis in the medical patient hospitalized for acute disease, where the profit margin is low on venous thromboembolism.
- We use LMWH in intermediate doses, but we evaluate the haemorrhagic risk well because we die more from haemorrhage than from VTE, especially in the elderly population who represent most of the current hospitalizations in the medical ward and which in this meta-analysis represented only a minor part of the population.
Profilassi del TEV nei reparti medici: dobbiamo fare un passo indietro?
Quando decidiamo di utilizzare la profilassi antitrombotica nei pazienti ricoverati in ospedale con malattia medica acuta a cosa miriamo e a quali rischi sottoponiamo il nostro paziente?
La profilassi antitrombotica nei pazienti ricoverati per malattia acuta è in grado di ridurre la mortalità?
Questa metanalisi ha coinvolto 44 studi controllati, con oltre 90.000 pazienti, principalmente pazienti con malattia medica acuta (stato infettivo, patologia respiratoria acuta, scompenso cardiaco) e stroke.
La popolazione era relativamente giovane per un reparto internistico, con un’età media di 68 anni.
L’effetto principale del trattamento anticoagulante era la riduzione del tromboembolismo venoso sintomatico (embolia polmonare e trombosi venosa profonda)
La riduzione del TEV con DOAC e EBPM era simile, circa del 30%, anche se il risultato è stato significativo solo per EBPM a dosi intermedie.
La riduzione del TEV con il penta-saccaride raggiungeva il traguardo anomalo del 70%, sfiorando la significatività statistica, ma con risultati meno brillanti negli studi di confronto con il placebo.
Il rischio di sanguinamento era aumentato di oltre 2.5 volte ed era particolarmente significativo con eparina non frazionata.
Questo pone l’eparina non frazionata come seconda scelta rispetto ad altri anticoagulanti, anche in considerazione del rischio di dieci volte superiore di HIT (Heparin Induced Thrombocytopenia) rispetto ad EBPM. Va tenuta in considerazione nei pazienti con insufficienza renale grave.
La mortalità non veniva ridotta dall’uso della profilassi antitrombotica.
La mortalità è risultata inizialmente inferiore con la terapia anticoagulante parenterale rispetto a nessun intervento, ma quando veniva confrontata con placebo questo vantaggio perdeva di significatività.
Il risultato è lo stesso sia con eparina, fondaparinux che con anticoagulanti diretti, nonostante si paghi un caro prezzo di un amento del rischio emorragico.
Nel bilancio costo/efficacia, solo EBPM a dosi intermedie (es. Enoxaparina 4000/6000 UI die) sembra ridurre il tromboembolismo venoso sintomatico e raggiungere quindi un vantaggio che compensa il rischio di sanguinamento.
Cosa portiamo a casa?
-Stop all’uso routinario di eparina non frazionata in profilassi antitrombotica, se non in contesti giustificati
-Stop all’uso routinario di EBPM a dosi basse (es. Enoxaparina 2000 UI/die)
-DOAC non ancora vincenti nella profilassi nel paziente medico ricoverato per malattia acuta, dove il margine di guadagno è basso sul tromboembolismo venoso.
- Utilizziamo EBPM a dosi intermedie, ma valutiamo bene il rischio emorragico perché si muore più di emorragia che di TEV, soprattutto nella popolazione dei grandi anziani che rappresentano la gran parte degli attuali ricoveri in reparto medico e che in questa metanalisi rappresentavano solo una parte minore della popolazione
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