Subsegmental pulmonary embolism has a still undefined clinical significance and optimal therapy has not yet been established.
The picture becomes more complicated if the finding is in an asymptomatic patient.
A retrospective evaluation of data from the RIETE registry gives us an unexpected message on the risks of embolic recurrence and fatal bleeding during anticoagulant therapy.
The choice of therapy is no longer possible without evaluating this balance between costs and benefits. And how are you doing?
A minute of reading to not let others be more up to date than you…
Data on sub-segmental pulmonary embolisms were obtained on 2135 patients enrolled in the RIETE registry from 2009 to 2022, of which 6.7% were asymptomatic.
Rates of embolic recurrence both during and after discontinuation of anticoagulant therapy were similar in the two groups. This prompts us to treat all thromboembolic events after their diagnosis, even if asymptomatic.
The rate of major bleeding was almost four times the risk of thrombotic recurrence with anticoagulant therapy.
Deaths from haemorrhage were twice as many as those from recurrent pulmonary embolism (12 vs 6).
These data tell us that the patient should not be lightly anticoagulated.
The systematic reviews on the subject and the guidelines leave us ample freedom of action, asking us to make a distinction on the presence or absence of neoplasia or deep vein thrombosis in the lower limbs: two conditions that make the indication for anticoagulant therapy stronger.
The increase in mortality found in the registry in patients with asymptomatic subsegmental embolism could be related to the comorbidities (e.g., neoplasm) that led to the execution of the lung CT.
In conclusion, subsegmental pulmonary embolism deserves anticoagulant therapy, but it would probably be advisable to reduce the dose early (e.g., after three months) due to the high risk of bleeding. Extended prophylactic dosages of direct anticoagulants would be well suited in this sense.
We will have the real answer with an ad hoc prospective randomized trial.
Piccola embolia, piccolo rischio?
L’embolia polmonare subsegmentaria presenta un significato clinico ancora non definito e la terapia ottimale non è stata ancora stabilita.
Il quadro si complica se il riscontro è in un paziente asintomatico.
Una valutazione retrospettiva dai dati dei registro RIETE ci dà un messaggio inaspettato sui rischi di recidiva embolica e di sanguinamento fatale in corso di terapia anticoagulante.
La scelta della terapia non è più possibile senza valutare questa bilancia tra costi e benefici. E tu come ti comporti?
Un minuto di lettura per approfondire.
Sono stati ricavati i dati sulle embolie polmonare sub-segmentarie su 2135 pazienti iscritti al registro RIETE dal 2009 al 2022, di cui il 6.7% asintomatiche.
I tassi di recidiva embolica sia durante che dopo la sospensione della terapia anticoagulante sono risultati simili nei due gruppi. Questo ci spinge a trattare tutti gli eventi tromboembolici dopo la loro diagnosi, anche se asintomatici.
Il tasso di sanguinamento maggiore è stato quasi quattro volte il rischio di recidiva trombotica in corso di terapia anticoagulante.
I decessi per emorragia sono stati il doppio rispetto a quelli per recidiva di embolia polmonare (12 vs 6).
Questi dati ci dicono che il paziente non va anticoagulato con leggerezza.
Le revisioni sistematiche sull’argomento e le linee guida ci lasciano ampia libertà di azione, chiedendoci di fare distinzione sulla presenza o meno di neoplasia o trombosi venosa profonda agli arti inferiori: due condizioni che rendono più forte l’indicazione alla terapia anticoagulante.
L’aumento di mortalità riscontrato nel registro nei pazienti con embolia sub segmentaria asintomatica potrebbe essere legato alle comorbilità ( es. neoplasia) che hanno portato all’esecuzione della TC polmonare.
In conclusione, l’embolia polmonare sub segmentaria merita la terapia anticoagulante, ma probabilmente sarebbe opportuno ridurre precocemente (es. dopo tre mesi) la dose per l’elevato rischio di sanguinamento. I dosaggi di profilassi in esteso degli anticoagulanti diretti si presterebbero bene in tal senso.
La risposta vera l’avremo con un trial randomizzato prospettico ad hoc.
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