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It doesn't hurt so much: fake miths on aspirin in primary prevention.


Is aspirin in primary prevention so useful and risk-free



How frequent is the prescription of antiplatelet therapy in patients with moderate or high cardiovascular risk, in the elderly population or, for example, after the detection of a non-critical carotid artery stenosis?




The conviction that "just a little aspirin is good, or at least, it doesn't hurt..." has accompanied us for too long.

The recent meta-analysis by Safi U. Khan renews the funeral for aspirin in primary prevention.

Sixteen randomized studies with a follow-up of at least one year (over 170,000 patients with an average age of 64 years) were analysed and the major vascular end points were evaluated and compared with the risk of bleeding.

They also compared the additional effect of statin therapy, taken by 35% of the observed population, with a follow-up of up to 5 years.

The results are in line with previous studies: a 15% reduction in the risk of myocardial infarction, which comes at a steep price: a nearly 50% increase in major bleeding, with no significant impact on stroke, overall and cardiovascular mortality.

In patients with low cardiovascular risk, the results were even more disappointing: aspirin prevented 3 heart attacks per 10,000 people at the cost of 21 major bleeds. The benefit was attenuated if patients also took a statin (1/10,000).

In patients with very high cardiovascular risk, the numbers changed, but not in an exciting way: about 50 fewer heart attacks per 10,000 people over 5 years, which became 37 if these people also took a statin, paying the price of 100 major bleeding events.

Haemorrhagic events were mainly from the gastrointestinal tract (50% increase), but also intracranial haemorrhage (32% increase).


We are called not only to limit the prescription of antiplatelet therapy in primary prevention, but also to suspend it in those exposed to a high risk of bleeding.

Against a group of patients who are uselessly and dangerously on antiplatelet therapy, there is an army of patients with untreated or non-target arterial hypertension and dyslipidaemia.



Italian Version.


Tanto male non fa: falsi miti sull'aspirina in prevenzione primaria


L’aspirina in prevenzione primaria è davvero così utile e senza rischi?

Quanto è frequente la prescrizione di terapia antiaggregante in pazienti con rischio cardiovascolare moderato o elevato, nella popolazione anziana o, ad esempio, dopo il riscontro di una stenosi carotidea non critica?

La convinzione che “tanto un po’ aspirina fa bene, o comunque, non fa male…” ci ha accompagnato per troppo tempo.

La recente metanalisi di Safi U. Khan rinnovo le esequie all’aspirina in prevenzione primaria.

Sono stati analizzati 16 studi randomizzati in merito con follow up di almeno un anno (oltre 170000 pazienti di età media di 64 anni) e valuti gli end point vascolari maggiori e comparati con il rischio di sanguinamento.

Hanno confrontato anche l’effetto aggiuntivo della terapia con statine, assunte dal 35% della popolazione osservata, con un follow up fino a 5 anni.

I risultati sono in linea con gli studi precedenti: una riduzione del 15% del rischio di infarto miocardico , pagato con un prezzo altissimo : un aumento di quasi il 50% di sanguinamento maggiore , senza impatto significativo su ictus, mortalità globale e cardiovascolare.

Nei pazienti con rischio cardiovascolare basso, i risultati sono stati ancora più deludenti: l’aspirina preveniva 3 infarti ogni 10.000 persone a prezzo di 21 sanguinamenti maggiori. Il beneficio si attenuava se i pazienti assumevano anche statina (1/10000).

Nei pazienti con rischio cardiovascolare molto elevato i numeri cambiavano, ma non in modo entusiasmante: circa 50 infarti in meno per 10.000 persone a 5 anni, che diventavano 37 se queste persone assumevano anche una statina, pagando lo scotto di 100 eventi emorragici maggiori.

Gli eventi emorragici erano soprattutto a carico del tratto gastrointestinale (aumento del 50%), ma anche emorragia intracranica (aumento del 32%).

Siamo chiamati non solo a limitare la prescrizione di terapia antiaggregante in prevenzione primaria, ma anche a sospenderla in chi è esposto a rischio elevato di sanguinamento.

A fronte di un gruppo di pazienti antiaggreganti per eccesso di zelo, c’è un esercito di ipertesi e dislipidemici mal controllati.



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